La grande promessa del Cuore di Gesù

La grande promessa del Cuore di Gesù
Viaggiavo attraverso Goa, nell’Assàm (India) – racconta Don Carlo De Ambrogio – in mezzo a vaste piantagioni di tè, ed era l’ora del tramonto. Vedevo uscire da questi giardini di tè file di donne avvolte nei sari con le ceste. Erano andate a ripulire le piantine. È un tè pregiato quello indiano dell’Assàm. E il sacerdote missionario, che mi accompagnava, mi disse:
“Guardi là quella casa, quella casa in mezzo ai giardini di tè. Oh, quanti ricordi mi solleva!”.

Perché?” gli chiesi. Allora mi raccontò la storia.

«In quella casa viveva un piantatore irlandese. Da quando era morta la moglie, che lui adorava, si era chiuso in un mutismo, era diventata scorbutico, intrattabile. Solo con i cani… La gente, i lavoratori, le lavoratrici dovevano filare sotto di lui. Non aveva una parola; sempre chiuso in un mutismo assoluto.
Un giorno io ero andato in un lungo viaggio di evangelizzazione qui intorno. Alla sera mi sono perduto, proprio in questi luoghi. La notte qui arriva all’improvviso ed è buia! Io non riuscivo più ad orientarmi e pregavo dentro di me le anime del Purgatorio che mi aiutassero. Pregavo il Sacro Cuore. Era buio fitto. Poi di notte gira la tigre, girano altri animali. C’è da avere paura, in quell’immensa pianura si rimane atterriti! E mentre pregavo, ad un certo momento vidi brillare un lume: era una casa Allora mi diressi nell’oscurità verso quel lume. Il cielo era sereno; le stelle…, quante! Luccicavano. Fuochi di stelle. Ma io avevo paura, ero sperduto… Mi diressi verso quella casa dove brillava il lume. Quando fui vicino sentii abbaiare i cani; poi una voce che li calmava. E difatti si calmarono. Mi accostai all’uscio, spinsi, cedeva, era aperto. Entrai dentro, dove ardeva il lume, e vidi che c’era quel piantatore irlandese, lo conoscevo, era su una poltrona, aveva i cani vicino. Respirava a fatica. Gli andai vicino, gli chiesi ospitalità. Accettò senz’altro. Poi ad un certo momento mi disse:
Padre, mi confessi”.
Lo confessai. E mi raccontò che quand’era bambino, in Irlanda – e come riviveva i ricordi: l’Irlanda verde… – aveva fatto i Primi Nove Venerdì; e adesso diceva:
“Mi sento morire, ma non voglio morire come un cane. Ho pregato. È da tanto tempo che non vado più in chiesa, e lei è venuto! Il Cuore di Gesù l’ha mandato a me. Sento che sto morendo”.
L’ho assistito fino al mattino. Quando al mattino entrava la luce dalla finestra, respirava ancora, ma esilmente; poi fu l’agonia. Gli rimasi vicino, gli suggerii parole del Signore. Poi spirò! I cani si erano messi lì, stesi, non si muovevano nemmeno: sentivano l’agonia del loro padrone. E io gli chiusi gli occhi. Era ancora caldo. Tentai di sollevarlo, lo misi sul letto. Poi celebrammo le esequie funebri. Ma ricordo quella notte angosciosa, quel lume in quell’immensa solitudine, in quel buio. Il Signore mi aveva guidato, mi aveva fatto smarrire per andare ad assistere un irlandese, perché non morisse senza i Sacramenti, com’era nella grande Promessa del Cuore di Gesù».

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